La Mucca

Un insegnamento di Madre Terra

Posata a terra, tranquilla, lei rumina. È un’immagine serena, un’immagine di campagna, un’immagine che ci parla della dolcezza della vita, di un ambiente pacifico che nasconde profondità e intimità. Nell’antichità molte sono le tradizioni che hanno elevato quest’immagine nella gloria di una realtà superiore, divina, ma non per questo, meno concreta. Infatti, è proprio questo aspetto della realtà che ci circonda, che è servito da ispirazione agli appartenenti a queste tradizioni. Per esempio essi osservavano la mucca con tutto il loro essere e si lasciavano toccare, penetrare dall’essenza che in essa vedevano. Osservare una mucca non era una questione intellettuale, ma la sperimentazione di un mistero: era un atto sacro. Essi diventavano ancora più nobili, lucidi, belli, veri, erano umili e rispettosi.

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Si facevano “piccoli” per entrare nella conoscenza della Vita. Tutte le forme di vita erano una porta interiore che si poteva aprire verso il Grande Mistero. Questa porta non può aprirsi che dinanzi ad un ritrovato, giusto atteggiamento e non davanti all’orgoglio e all’egoismo con il quale ora l’essere umano considera gli altri esseri viventi, la natura e la vita stessa.
C’è un’altra immagine, sporca, nera e orribile che ho visto in un video: quella della macellazione. La mucca, senza difese, prigioniera, appesa e macellata. Il suo sangue per terra, lo stesso sangue che per noi è la vita. Molte persone hanno paura del sangue, provano panico quando lo vedono scorrere, ma abbiamo fatto scorrere il suo, quello della mucca, quasi per niente. Del sangue sul suolo, il suo sangue sulle nostre mani, vicino o lontano che sia, non cambia. Abbiamo ucciso, ci era stato proibito: “non uccidere”. L’abbiamo fatto e lo facciamo ancora. Piange il suo vitello, la mandria piange uno dei suoi membri. Piangono i nostri figli colpiti dalla guerra, piangono i loro parenti e amici quando il loro sangue viene versato sul suolo. È la stessa immagine sporca, nera e orribile: la vita non è più sacra. Questo è ciò che esprime questa preghiera trovata per caso durante una ricerca:

Preghiera di una mucca che vede passare gli uomini
“Mi ha portato su di un prato ma era cinto da filo spinato. Mi ha portato verso l’amore di un toro, ma era un inganno: dovevo avere un vitello e dissero “sotto la madre”. Hanno ammirato la mia tenerezza e lodato il mio latte. Poi mi hanno appesa e uccisa… Hanno preso il mio latte per farlo proprio…. io so che se un giorno questo ciclo si arresta, sarò io ad essere uccisa, scuoiata e venduta.
Prigioniera in fondo al prato vedo passare gli uomini. Sono tutti miei carnefici”.
È un peccato perché si perde tutto. È degradante e pericoloso, perché per la legge di causa/effetto, le nostre uccisioni e i nostri conflitti aumentano sempre di più. Già non si comunica quasi più: nelle nostre relazioni c’è molto di artificiale e di falso. Non si è più capaci di osservare la mucca e la natura intera, in qualche modo sono assenti dal nostro sguardo o le si guarda con disprezzo. Ne abbiamo fatto un’ immagine sporca, nera e orribile. Ma la mucca sa: sa parlare con la natura, lei prende e rumina, comunica. In lei traspaiono forza, stabilità interiore. La mucca si impone naturalmente perché lei è la natura, la conosce, la vede, lei ha messo al mondo il suo vitello. Questa immagine è preziosa come l’oro perché anche noi mettiamo al mondo dei figli. E’ un’immagine serena che ci parla della dolcezza della vita, di un ambiente pacifico.
Quella che segue è una preghiera alpina che sembra essere stata trovata scritta su un piatto:

La preghiera della mucca
“Ti saluto, o pastore, maestro delle verdi cime. L’estate portami laddove è il mio riparo, nell’erba dove mi posso muovere e dove la mia lingua avida falcia il meglio del meglio e continua a chiederne.
E se a volte rido è per la contentezza di vedere che con il mio scarto tu nutri i tuoi figli e delizi il tuo palato con molte sottili nubi perché del mio latte tu fai burro e cremoso formaggio…”
Dobbiamo guardare in faccia ogni immagine della vita e sentire il legame tra il nostro destino e il suo, il loro.
La tradizione egiziana più di qualunque altra, ha sempre onorato il principio della Madre Universale, nutrice, generosa, protettrice, guardiana della saggezza femminile. È stata chiamata Hator, moglie del cielo che ha dato al mondo Horus, il sole. Viene rappresentata con un disco solare fra le corna. È la maternità in azione nella sua parte celeste, spirituale, così come nel piano terreno. È stata rappresenta anche con un copricapo identico alle corna della mucca, o ancora con una testa di mucca.
La terra, la mucca, la donna. Una “trinità” che ci apre una nuova visione del futuro se lo desideriamo. È necessario prendere coscienza che la natura e la donna sono uno, un’intelligenza che porta la vita e offre un’ avvenire. Dipende da noi se sarà oscuro o luminoso a seconda di ciò che faremo alla natura perché in un modo o nell’altro, lo faremo alla donna. Oggi l’essere umano che lavora quasi per niente, che si dissangua per una parvenza di vita che non gli appartiene quasi più, si trova anch’esso prigioniero nelle città, negli edifici, bloccato in fabbrica o in ufficio, quasi come uno schiavo. Si, ma egli ha reso schiave la mucca e la natura…

E’ un peccato, la mucca ha rappresentato la prosperità, l’abbondanza, tutto ciò che la natura mostra. Essa dona il latte, è un’alleanza: quella della natura con noi. Noi l’abbiamo tradita! Le nostre amiche mucche sono state tradite! Ora questo è scritto da qualche parte attorno a noi, in lettere oscure, perché tutte fuggono al nostro approccio non vedendo più il rispetto, la nobiltà, la grandezza d’animo, le belle scritture di luce che si captavano sopra di noi… esse si fidavano, ora non si fidano più. Allo stesso modo, noi diffidiamo gli uni degli altri. È il giusto ritorno, un’ambiente sporco in mezzo a noi.
Ah, se potessimo riscattarci, gli animali innocenti ci perdonerebbero di certo! Ma noi lasciamo fare, non diciamo nulla, la bistecca nel piatto, ascoltando storie per rassicurarci purché nulla ci accada. “Non fare all’altro ciò che non vorresti fosse fatto a te” e ancora, “Quello che hai fatto ad uno di questi piccoli, lo hai fatto a me” disse Gesù, il Grande Esseno che si prendeva cura della vita. È scritta anche in noi una coscienza vivente. Eppure preferiamo mantenere i vecchi e cadenti schemi per non essere disturbati, ma se Dio è Vita allora lo è anche la mucca, lo siamo anche noi! Gli egiziani avevano ragione nel dire che nella mucca vi era un Dio o piuttosto una Dea, per loro essa era Hator e questo atteggiamento li ha portati a diventare anch’essi degli dei, dei veri Esseri Umani che coltivavano uno sguardo divino sulla vita. Esseri magnetici e intelligenti grati per il posto che avevano e il ruolo di intermediari consapevoli. Avevano un’alleanza. La tradizione dell’India ha posto anch’essa un’attenzione particolare alla mucca. Ancora oggi, in questo paese, viene rispettata e considerata. Altre culture hanno portato questo sguardo puro e autentico in differenti epoche ispirate dalla saggezza essena dei loro luminosi rappresentanti che, come una fiamma olimpica lo hanno trasmesso fino ad oggi.

La mucca ci insegna a mangiare, a fermarci, a ri-centrarci, ad essere un corpo unico con la vita che viene dalla terra, a prenderci del tempo. Il tempo, lei lo mastica, lo digerisce, lo fa passare attraverso di sé, padroneggia il momento presente. Forse ci parla dell’eternità…. Alain Contaret

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